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venerdì 10 luglio 2015

Unfriended, di Levan Gabriadze (2015)



Un gruppo di amici sempre collegati online su Skype si trovano improvvisamente ad essere posseduti dallo spirito di una loro amica morta. Internet si rivelerà per loro un vero inferno...


Delegare in toto la costruzione di un mockumentary a sei webcam per Skype, mantenendole inoltre a inquadratura fissa in simultanea per ben 83 minuti, è un'operazione quantomeno coraggiosa, almeno negli intenti. Il giovane regista Gabriadze è dunque coraggioso, ma decisamente il coraggio non gli é sufficiente per vincere l'agòne, anzi, al contrario lo sposta su territori pseudo-sociologici con ammiccamenti, del tutto privi di spessore, all'adolescenza contemporanea e ai suoi intrecci per lo più perversi con la tecnologia. Il tragitto del film giunge quindi, infine, su sponde moralistiche di cui nessuno sentiva il bisogno, soprattutto se il pubblico frequenta un genere, quello Perturbante, che con il moralismo non ha mai intrattenuto buoni rapporti. 

Intendo dire che qui non siamo affatto dalle parti di un Megan is missing (2011) di un Michael Goi che definire "poetico" è poca cosa rispetto al capolavoro perturbante da lui confezionato, nel quale poi sa cogliere l'ambigua freschezza dell'adolescenza, le sue sfumature cangianti, il suo porsi come stato borderline per definizione. Il regista di Tiblisi, Russia, sembrerebbe non aver neppure dato un'occhiata al piccolo gioiello cesellato dal collega Goi. Infatti suppone con coraggio improvvido che le inquadrature fisse di sei adolescenti americani possano rendere molto "realisticamente" lo stile tecnofilico dei teenager di oggi. Sulla base di questa supposizione, Gabriadze cerca di iniettare all'interno di questa cornice statica il tema antico come il mondo della possessione dei ragazzi da parte dell'animo vendicativo della defunta amica Laura Barns, suicida per vergogna e senso di colpa intollerabili. Il regista sembra poi voler trarre ispirazione da TBWP di Sánchez e Myric, (1999), soprattutto nella parte finale del film, quando cioè il gruppo si assottiglia per mano di una nuova, iper-tecnologica- sembra voler dire G.- strega di Blair capace di scrivere sulla tastiera di un Apple e di usare il mouse.

Trasporre a freddo questi mitemi fondativi del mocku nell'ambiente di Skype non è così easy come il regista potrebbe immaginarsi. La sua diventa ben presto presunzione, forse anche saccenza, nel momento in cui il nostro vuole lavorare una materia così delicata. E soprattutto, non é con il semplice realismo mockumentaristico che si fa salire il tasso di inquietudine in chi guarda. E neppure con qualche spruzzatina di frattaglia frullata è mostrata su Skype. Ero infatti indeciso se recensire questo film, ma la mia fissazione per il mocku ha avuto la meglio (forse voglio diventare il maggior esperto di mocku perturbanti d'Italia, come faccio a saperlo? In effetti sto invecchiando, e si sa che la vecchiaia genera fisime e fisse di ogni tipo). Ma mi sembrava anche un fatto di "etica del recensore", indicare ai propri lettori ciò che è meglio evitare, oltre a ciò che é consigliabile vedere. Ecco, il film di Gabriadze è decisamente da evitare, questo ë la conclusione cui sono giunto al termine della sua visione.

Si tratta di un film che vorrebbe innovare il sottogenere delle origini semplicemente utilizzando il trend tecnologico cui sono sempre più spesso coinvolti gli adolescenti di oggi. Tutto qui? Sì, tutto qui, nel senso che non c'é altro e, sopratutto, di Perturbante non c'è davvero niente di niente, a parte-forse- la brevissima sequenza in cui la prima ragazza cade a terra mentre gli altri vedono immagini incomprensibili sul loro schermo. La ragazza morirà, naturalmente, ma G. non ce ne mostra le modalità. Tolta questa sequenza, il gruppetto di adolescenti annoiati che vediamo in fila mentre fanno multitasking su Facebook è compagnia bella, sono lontani anni luce da altri gruppi similari che abbiamo visto in altri, ben più interessanti teen slasher, in tutta la storia del cinema horror. Sto dicendo, se non fosse ancora chiaro, che questo film è proprio, completamente, da buttare, in particolare per via della assenza di umiltà nel suo ostinato voler percorrere i sentieri del mocku senza tuttavia aver sufficientemente elaborato la cultura cinematografica precedente.

Questo tipo di presunzione, travestita da coraggio nelle scelte tecniche di regia, ritengo sia una grave colpa per un filmaker che vuole cimentarsi per la prima volta con il difficile tema della fragilitá adolescenziale odierna di fronte a quella fossa delle Marianne inconscia cui internet spesso si trasforma durante quell'etá. Michael Goi ad esempio lo fa con un tocco registico abissalmente superiore, con una finezza che G. può solo sognarsi. "Unfriended" è dunque un film che si fará ben presto dimenticare, e direi che secondo me sarebbe opportuno dimenticare comunque, per creare così nuovo spazio mentale disponibile ad assimilare stimoli cinematografici più corroboranti.  

Regia: Levan Gabriadze Soggetto e Sceneggiatura: Nelson Greaves Cast: Shelley Hennig, Moses Storm, Renee Olstead, Will Peltz, Jacob Wysocki, Courtney Halverson, Heather Sossaman, Matthew Bohrer Nazione: USA, Russia, Polonia, Germania, Puerto Rico Produzione: Bazelevs Production, Blumhouse Productions Durata: 83 min.