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sabato 5 aprile 2014

Dark House, di Victor Salva (2014)



Nick è un ragazzo molto speciale: quando il suo corpo entra in contatto con quello di un'altra persona, egli è in grado di vedere come quella persona morirà. All'inizio della storia Nick viene chiamato da sua madre che è rinchiusa in un ospedale. Qui la donna gli rivelerà che suo padre, che era stato dato per morto, in realtà è vivo, ed è la causa di tutti i mali della loro disgraziata famiglia. Ma questo padre-fantasma è forse l'unico a conoscere la causa profonda dei poteri paranormali di Nick. E' così che Nick decide di intraprendere un viaggio per scoprire dove si è nascosto suo padre. Durante il viaggio lo accompagneranno il suo migliore amico, Ryan e la sua fidanzata Eve, incinta e ormai quasi al termine della gravidanza. Durante il viaggio i ragazzi si troveranno di fronte ad una grande casa abbandonata immersa nei boschi: è la stessa casa che lui disegnava da bambino, e che credeva fosse il frutto di una sua fantasia. Ma ciò che più atterrisce Nick e i suoi compagni è il personaggio solitario e molto aggressivo che vive all'interno della casa. Si tratta di una figura inquietante, dai lunghi capelli sporchi e che impugna un'accetta. Riusciranno i nostri eroi a sopravvivere a tutto questo e a svelare il terribile segreto che si nasconde all'interno della casa?

Diciamolo fin da subito: ci aspettavamo qualcosa di molto diverso da quest'ultima prova di Victor Salva  , il mitico filmaker di "Jeepers Creepers" (2001), e "Jeepers Creepers 2" (2003)(un'ultima prova attesa con una certa, giusta curiosità). Invece il film è sciaguratamente, inaspettatamente deludente, per i motivi che andiamo di seguito enumerando. Non sappiamo se tale delusione dipenda dalla sceneggiatura, affidata non si sa perché, al giovane debuttante Charles Agron, alla sua prima prova in assoluto, ma il dubbio che dipenda proprio da tale scelta, rimane.   

1. Il soggetto. Salva si incarta immediatamente come una mosca appiccicata su una striscia di carta moschicida, su un soggetto bizzarro, sbilenco, appesantito da gravami stereotipici stantii (la haunted house, il bosco, l'accetta, il villain rurale violento e via dicendo), che poi il regista non sa più come alleggerire, bonificare, trasformare creativamente. Il film diventa così, ben presto, come una sorta di liofilizzato cui bisognerebbe saggiamente aggiungere del brodo, ma il minutaggio non lo consente: infatti come si fa a girare un horror superiore ai '90 minuti consueti? Dopo la sequenza iniziale del fuoco che divampa dall'abbraccio tra madre e figlio, che fa ben sperare, che colpisce, che emoziona, tutto successivamente si attorciglia pesantemente, proprio come il grande albero misterioso che cresce addossato alla casa che Nick e i suoi amici trovano durante il loro peregrinare lungo la Route 68. L'idea stessa di un ragazzotto qualunque posseduto da poteri paranormali che gli permettono, al tocco, di prevedere la morte di chi gli sta vicino, non convince, non si spiega, e appare appunto scelta bizzarra. 

2. Lo script. Lo sviluppo del soggetto, fino ad un certo punto sembrerebbe interessante e abbastanza ben congegnato. Ad esempio la sequenza del drugstore nel quale i ragazzi incontrano gli strani, curiosi autoctoni all'inizio del film, è visivamente molto ben curata e i personaggi ivi presenti sono molto caratteristici, a modo loro inquietanti quanto basta. Anche la sequenza in cui i protagonisti, tornati nel villaggio, non vedono anima viva nello stesso drugstore chiuso, mentre l'inquadratura in interno mostra che il locale è affollato, possiede una sua forza straniante, certamente perturbante, e rimanda a certe atmosfere alla King dei tempi migliori. La costruzione della narrazione filmica procede bene anche durante il primo attacco boschivo da parte dell'"armata dell tenebre" guidata da Tobin Bell, il cattivone, con quelle accette che roteano fischiando tra i rami, e colpiscono nei punti giusti le prime vittime. Qui però si chiude il felice esordio della fiaba horror che Salva vuole raccontarci. Da circa metà pellicola infatti tutto si appiattisce inesorabilmente e si "liofilizza", come riferito al punto 1. Il film diventa un miscuglio di stereotipie cinematografiche di genere, e chi guarda non sa mai bene se si trovi dalle parti di uno slasher, di un haunted house movie, o di cosa. Momenti di vero spavento come Dio comanda non se ne provano affatto. La casa è poi semplicemente un pretesto ambientale, una quinta teatrale come un'altra per poterci far ballare dentro gli attori di una storia confusa, vuota e che non cattura. 

3. La regia. "Jeepers Creepers" giocava molto, registicamente, con gli elementi della sensorialità e della pulsionalità adolescenziali, elementi su cui Salva faceva aleggiare la morte, una morte che poi piombava dall'alto, nascosta in mezzo ai campi di granturco. Notevole ispirazione e saggio, innovativo uso del simbolico perturbante, in quel film. I movimenti di macchina erano fluidi, larghi, giocati su piani medio-lunghi che riprendevano dall'alto il veicolo su cui viaggiavano i teenegers in viaggio. Una regia molto nuova, ariosa, che sapeva rendere terrorizzante un semplice campo coltivato, nel silenzio estivo della campagna americana. "Dark House" non vede nulla di questa perizia che Salva aveva mostrato così epifanicamente in "Jeepers Creepers". La cinepresa sembra qui inscatolata e paralitica, complice un'ambientazione instabile, sempre frammentata tra boschi, casa maledetta, suv, automobili in viaggio. A un certo punto viene da rivolgersi a Salva per dirgli: "decidi dove stare, Jesus Christ!". Ma lui non si decide. Vaga. Stabilizza primi piani nei dialoghi, poi muove velocemente la macchina lungo i muri tra un condotto di areazione e l'altro per seguire la voce del demone nascosto nella casa, per poi soffermarsi nell'abitacolo del caravan dove Ryan e la sua amica amoreggiano (peraltro dopo essere stati attaccati da un'orda di barbari armati di scure, così, come se niente fosse). In sintesi si capisce lontano un miglio che Salva non ha affatto il polso della situazione rispetto a ciò che sta girando. 

4. Fotografia, Sonoro, Make-up e CGI. Tutti i comparti che usualmente servono ad abbellire l'impalcatura di un film, in particolare fotografia e sonoro, non producono qui, in verità, nulla di particolarmente significativo. Fotografia (di Faunt LeRoy) e musiche (di Salvay) incidono assai poco. Forse sole le sequenze di attacco dei selvaggi armati di accetta sono accompagnati bene da un sottofondo musicale incalzante e indicato, ma in fondo anche questo elemento dello script si perde nell'andamento ondivago della narrazione complessiva. Make-up ed effetti speciali non sembra poi interessino molto a Salva, e francamente non si capisce perché faccia indossare all'esercito tenebroso dei wind-coats stile Driza-Bone australiano. Forse perché hanno freddo nel bosco? Mah. 

Poco, pochissimo da dire sul cast, che non si merita uno spazio specifico nell'elenco numerico svolto sin qui. Tutti attori poco significativi, compreso Tobin Bell, che certamente era più a suo agio nei panni di Jigsaw nei vari "Saw" che ben conosciamo. 

E' dunque possibile comprendere "Dark House" solo se lo guardiamo come uno scivolone davvero sgradevole da parte di un regista che aveva dato un suo contributo interessante al genere cinematografico Perturbante. Il film è inoltre sin troppo tirato per le lunghe pur non coinvolgendo minimamente lo spettatore, nè tanto meno  iniettandogli una qualche minimale dose di inquietudine, come invece ci saremmo aspettati. Il prefinale del film ci fa arrancare attraverso i futili dialoghi tra le donne del gruppo, dialoghi che poi si risolvono in colpi di scena drammaturgicamente debolissimi. Il finale è confusissimo, inutilmente caotico, strillato, come se Salva avesse voluto improvvisamente risollevare in extremis le sorti di un'opera ormai completamente alla deriva. Ma, si sa, la somma delle parti non mai uguale al tutto, e la gestalt globale del film rimane ciò che è, ferma nella sua generale inconsistenza, nonostante i colpi di coda finali. 

"Dark House", come avrete abbondantemente compreso, è purtroppo una pellicola che sconsiglio, e che anzi suggerirei proprio di evitare. 

Regia: Victor Salva Soggetto e Sceneggiatura: Victor Salva, Charles Agron   Fotografia:  Don E. Faunt LeRoy  Montaggio: Ed Marx   Musiche: Bennett Salvay   Cast: Tobin Bell, Luke Kleintank, Alex McKenna, Anthony Rey Perez, Zack Ward, Lacey Anzelc, Ethan S. Smith, Lesley-Anne Down   Nazione: USA   Produzione: Charles Agron Productions   Durata: 90 min.   

6 commenti:

  1. azz quindi è brutto... peccato mi ispirava.

    Su Victor Salva posso dire che si, è mitico come regista (adoro i due creeper e ancora spero nel terzo) come persona un po meno

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  2. @Myers82: sì, a me non è per niente piaciuto, ti dirò. Ma, si sa, noi due abbiamo gusti non sempre coincidenti :)

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    1. eh eh in effetti, boh se capita gli do un occhiata

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